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Colesterolo alto, il 40% della popolazione non sa di averlo

Colesterolo alto, il 40% della popolazione non sa di averlo

I dati presentati a Roma nel corso di Meridiano Cardio. L’ipercolesterolemia è il primo fattore di rischio per le cardiopatie ischemiche.

È uno dei parametri più temuti da tutti: il colesterolo. Averlo alto, infatti, soprattutto la frazione LDL, il cosiddetto colesterolo cattivo, è il primo fattore di rischio per le cardiopatie ischemiche, prima causa di morte (20%) tra le patologie cardiovascolari. Oltre che un costo altissimo anche in termini economici, oltre un miliardo di euro di soli costi sanitari, con l’ospedalizzazione che incide per il 96 per cento, secondo i dati presentati stamattina nel corso di “Meridiano Cardio-Lo scenario delle cardiopatie ischemiche: focus sull’ipercolesterolemia”, realizzato da The European House-Ambrosetti, e supportato da Amgen.

L’ipercolesterolemia è in aumento

Quel che è più importante è che non solo l’ipercolesterolemia è in aumento – oltre il 35 per cento della popolazione ne soffre in modo conclamato ed è in cura – ma che circa il 40 per cento non sa neppure di avere livelli superiori alla a norma. E, tra quelli già in trattamento, solo il 24 per cento degli uomini e il 17% delle donne, controlla efficacemente il proprio profilo lipidico. Vanificando quindi i vantaggi della terapia. Ma, come se non bastasse, sono proprio i pazienti più a rischio, perché hanno già avuto un evento cardiovascolare, ad essere trattati peggio: il 53% di loro non raggiunge l’obiettivo delle terapie. Poco meno, il 50%, quelli con ipercolesterolemia familiare (in Italia uno ogni 200-500 abitanti).

L’arteriosclerosi

Anche parlare di ipercolesterolemia, però, non è così semplice. “Anzi, è parziale – premette Francesco Romeo, presidente della Società italiana di Cardiologia – poiché in realtà il parametro che non si misura, ma che è quello che fa iniziare il processo aterosclerotico, è il cosiddetto colesterolo ossidato, influenzato anche da fattori esterni come fumo, ipertensione, diabete, radicali liberi. E poi ci sono i fattori genetici, che in alcuni casi possono anche essere protettivi, ma che comunque concorrono per il 50 per cento alla determinazione del rischio. La malattia aterosclerotica – insomma – è una malattia complessa, per questo è difficile inquadrare il fattore di rischio generale solo in base ai livelli di colesterolo. Ed è per questo che non ci sono livelli ideali di colesterolo, così a questo punto il messaggio dovrebbe essere di tenere quanto più basso possibile il livello LDL, al livello di 70-90 mg/dl. Lower is better, dicono gli americani”.

documento di consensus, stilato da varie società scientifiche e l’Istituto superiore di Sanità, e appena inviato ad Aifa e ministero della Salute, disegna il percorso più efficace che il paziente con ipercolesterolemia dovrebbe raggiungere. Cominciando da dieta e movimento aerobico, ma anche da riduzione dei fattori di rischio e terapia con statine e inibitori del riassorbimento del colesterolo, fino alla nuova classe di farmaci inibitori dell’enzima PCSK9.

Le terapie. Una ottimizzazione delle terapie potrebbe portare anche ad una razionalizzazione dei costi. “Il Center for Economics and Business Research – premette Francesco Saverio Mennini, professore di Economia Sanitaria di Roma Tor Vergata – ha stimato che in Italia il peso totale delle patologie cardiovascolari è di 18,3 miliardi di euro, di questi 14 sono costi diretti. Se consideriamo tutte le ospedalizzazioni per cause cerebro e cardiovascolari relative a pazienti con ipercolesterolemia, la spesa supera il miliardo di euro, con una spesa aggiuntiva di 32,2 milioni per i trattamenti farmacologici e 9,1 milioni per assistenza specialistica ambulatoriale. Complessivamente l’ipercolesterolemia costa al Ssn 1,2 miliardi di euro”. Un costo enorme. Che forse però potrebbe essere ottimizzato.

Repubblica, maggio 2016