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Trigliceridi e colesterolo. Scopriamo le differenze

Trigliceridi e colesterolo. Scopriamo le differenze

I lipidi o grassi sono sostanze naturalmente prodotte dall’organismo. I lipidi più comuni sono colesterolo, trigliceridi, acidi grassi e fosfolipidi. Queste sostanze poiché insolubili in acqua non possono circolare liberamente, ma si associano a proteine dette apolipoproteine per formare dei grandi complessi macromolecolari noti come lipoproteine.
Le lipoproteine intervengono nei meccanismi di assorbimento e trasporto dei grassi alimentari da e verso i tessuti periferici dell’organismo e nel trasporto di composti tossici (come alcune tossine prodotte dai batteri) dalle aree di infezione.

Approfondiamo le differenze…

Trigliceridi

I trigliceridi rappresentano i principali lipidi trasportati nelle lipoproteine, che ne trasportano fino a diverse centinaia di grammi. Sono costituiti da una molecola di glicerolo legata a tre molecole di acidi grassi e servono come importante riserva di energia. Il processo chimico che converte il cibo che mangiamo nell’energia di cui hanno bisogno le nostre cellule viene definito “metabolismo” e il livello di trigliceridi rappresenta un importante indicatore della salute metabolica.
Fattori come una quantità eccessiva di grassi, carboidrati (zucchero, pane, pasta) o alcol possono determinare un eccesso di trigliceridi nel corpo.

Colesterolo

Il colesterolo è un grasso necessario per la vita: è infatti uno dei principali costituenti delle membrane delle cellule e partecipa alla sintesi della vitamina D e di altre sostanze.
Il colesterolo contribuisce al mantenimento della rigidità e dell’integrità delle membrane cellulari e ne stabilizza la struttura. Viene principalmente prodotto dal nostro corpo, ma una parte può essere introdotta con la dieta.
Negli animali superiori, compresi tutti i mammiferi, viene trasportato principalmente sotto forma di esteri di colesterolo, sintetizzati nelle cellule o nel plasma stesso. Analogamente ai trigliceridi, il trasporto del colesterolo nelle lipoproteine consente di indirizzare specificamente il colesterolo ai tessuti che lo richiedono per scopi strutturali o per il proprio metabolismo.
La maggior parte del colesterolo è prodotto dal corpo e una parte viene introdotta tramite la dieta attraverso un’ampia varietà di alimenti, soprattutto nei prodotti alimentari di origine animale (carne, burro, salumi, formaggi e uova) ricchi di grassi saturi.

Riso rosso fermentato e colesterolo alto

Riso rosso fermentato e colesterolo alto

Il riso rosso fermentato può costituire un’alternativa naturale alle statine nella terapia contro il colesterolo alto. Vediamo cos’è e come assumerlo in sicurezza.

Che cos’è il riso rosso fermentato

Il riso rosso fermentato contiene monacolina K, una sostanza con una struttura chimica molto simile a quella della lovastatina, un farmaco appartenente alla categoria delle statine, i medicinali d’elezione per il trattamento del colesterolo alto. Il riso rosso fermentato altro non è che riso comune (Oryza sativa) fermentato da vari ceppi del Monascus purpureus, chiamato anche lievito rosso per via della sua colorazione. Durante l’attività fermentatrice, questo lievito si arricchisce di monacoline, un gruppo di sostanze note per la capacità ipolipemizzante.

Il riso rosso fermentato è un rimedio naturale molto noto nella medicina popolare cinese contro la diarrea e le indigestioni, oltre che per migliorare la circolazione sanguigna.

Riso rosso fermentato e colesterolo

Il meccanismo secondo cui il riso rosso fermentato sia in grado di ridurre i livelli di colesterolo nel sangue non è ancora del tutto chiaro. L’attività ipolipemizzante di questo prodotto naturale sembra, però, essere addirittura maggiore rispetto alla lovastatina, probabilmente a causa di un’attività sinergica tra i vari costituenti del riso rosso fermentato. I prodotti a base di riso rosso fermentato sono classificati come integratori e non come farmaci. Di conseguenza, a differenza delle statine di sintesi, che necessitano sempre di prescrizione medica, possono essere acquistati senza presentare una ricetta. In realtà, però, è assolutamente consigliabile che la terapia venga seguita comunque da un medico. I prodotti naturali, infatti, non sono privi di effetti collaterali; inoltre, il colesterolo alto è un importante fattore di rischio cardiovascolare e non va sottovalutato.

Effetti collaterali e controindicazioni del riso rosso fermentato

Il riso rosso fermentato, se assunto ad alte dosi e per lunghi periodi, in alcuni casi potrebbe dare effetti collaterali simili a quelli delle statine. La terapia contro il colesterolo alto è cronica, va cioè continuata per tutta la vita; appena si smette di assumere le statine, i valori di colesterolo nel sangue cominciano ad aumentare nuovamente, e la stessa cosa accade anche con gli integratori a base di riso rosso fermentato.

Essendo una terapia lunga, è quindi importante affidarsi sempre al controllo di un medico, anche se i prodotti a base di riso rosso fermentato sono stati classificati come integratori. Gli integratori a base di riso rosso fermentato non vanno mai assunti insieme alle statine, ma solo in alternativa ad esse, se il medico lo ritiene opportuno. L’assunzione congiunta, infatti, è molto pericolosa perché gli effetti collaterali, in tal caso, si sommano, anzi si potenziano. Attenzione! Gli integratori a base di riso rosso fermentato non sono tutti uguali e non tutti possono vantare pari efficacia. La loro capacità di ridurre i livelli di colesterolo nel sangue dipende dalla quantità di monacolina K, che varia da prodotto a prodotto, motivo in più per non affidarsi al fai da te, ma al consiglio di un medico, anche per la scelta dell’integratore giusto. Gli integratori a base di riso rosso fermentato, così come le statine, vanno inseriti nel contesto di uno stile di vita attivo e di un’alimentazione adeguata, due provvedimenti imprescindibili quando si ha la necessità di abbassare i livelli di colesterolo nel sangue.

Colesterolo alto, il 40% della popolazione non sa di averlo

Colesterolo alto, il 40% della popolazione non sa di averlo

I dati presentati a Roma nel corso di Meridiano Cardio. L’ipercolesterolemia è il primo fattore di rischio per le cardiopatie ischemiche.

È uno dei parametri più temuti da tutti: il colesterolo. Averlo alto, infatti, soprattutto la frazione LDL, il cosiddetto colesterolo cattivo, è il primo fattore di rischio per le cardiopatie ischemiche, prima causa di morte (20%) tra le patologie cardiovascolari. Oltre che un costo altissimo anche in termini economici, oltre un miliardo di euro di soli costi sanitari, con l’ospedalizzazione che incide per il 96 per cento, secondo i dati presentati stamattina nel corso di “Meridiano Cardio-Lo scenario delle cardiopatie ischemiche: focus sull’ipercolesterolemia”, realizzato da The European House-Ambrosetti, e supportato da Amgen.

L’ipercolesterolemia è in aumento

Quel che è più importante è che non solo l’ipercolesterolemia è in aumento – oltre il 35 per cento della popolazione ne soffre in modo conclamato ed è in cura – ma che circa il 40 per cento non sa neppure di avere livelli superiori alla a norma. E, tra quelli già in trattamento, solo il 24 per cento degli uomini e il 17% delle donne, controlla efficacemente il proprio profilo lipidico. Vanificando quindi i vantaggi della terapia. Ma, come se non bastasse, sono proprio i pazienti più a rischio, perché hanno già avuto un evento cardiovascolare, ad essere trattati peggio: il 53% di loro non raggiunge l’obiettivo delle terapie. Poco meno, il 50%, quelli con ipercolesterolemia familiare (in Italia uno ogni 200-500 abitanti).

L’arteriosclerosi

Anche parlare di ipercolesterolemia, però, non è così semplice. “Anzi, è parziale – premette Francesco Romeo, presidente della Società italiana di Cardiologia – poiché in realtà il parametro che non si misura, ma che è quello che fa iniziare il processo aterosclerotico, è il cosiddetto colesterolo ossidato, influenzato anche da fattori esterni come fumo, ipertensione, diabete, radicali liberi. E poi ci sono i fattori genetici, che in alcuni casi possono anche essere protettivi, ma che comunque concorrono per il 50 per cento alla determinazione del rischio. La malattia aterosclerotica – insomma – è una malattia complessa, per questo è difficile inquadrare il fattore di rischio generale solo in base ai livelli di colesterolo. Ed è per questo che non ci sono livelli ideali di colesterolo, così a questo punto il messaggio dovrebbe essere di tenere quanto più basso possibile il livello LDL, al livello di 70-90 mg/dl. Lower is better, dicono gli americani”.

documento di consensus, stilato da varie società scientifiche e l’Istituto superiore di Sanità, e appena inviato ad Aifa e ministero della Salute, disegna il percorso più efficace che il paziente con ipercolesterolemia dovrebbe raggiungere. Cominciando da dieta e movimento aerobico, ma anche da riduzione dei fattori di rischio e terapia con statine e inibitori del riassorbimento del colesterolo, fino alla nuova classe di farmaci inibitori dell’enzima PCSK9.

Le terapie. Una ottimizzazione delle terapie potrebbe portare anche ad una razionalizzazione dei costi. “Il Center for Economics and Business Research – premette Francesco Saverio Mennini, professore di Economia Sanitaria di Roma Tor Vergata – ha stimato che in Italia il peso totale delle patologie cardiovascolari è di 18,3 miliardi di euro, di questi 14 sono costi diretti. Se consideriamo tutte le ospedalizzazioni per cause cerebro e cardiovascolari relative a pazienti con ipercolesterolemia, la spesa supera il miliardo di euro, con una spesa aggiuntiva di 32,2 milioni per i trattamenti farmacologici e 9,1 milioni per assistenza specialistica ambulatoriale. Complessivamente l’ipercolesterolemia costa al Ssn 1,2 miliardi di euro”. Un costo enorme. Che forse però potrebbe essere ottimizzato.

Repubblica, maggio 2016