Le pareti arteriose e la formazione delle placche aterosclerotiche

Le pareti arteriose e la formazione delle placche aterosclerotiche

Oggi parliamo di aterosclerosi, la forma più comune di arteriosclerosi, termine generico che si riferisce a numerose patologie che provocano ispessimento e perdita di elasticità della parete arteriosa.

L’ateroma o placca aterosclerotica è una degenerazione delle pareti arteriose dovuta al deposito di placche formate essenzialmente da grasso e tessuto cicatriziale.

Non dobbiamo pensare all’arteria come un semplice condotto che garantisce il trasporto del sangue ove ve ne sia bisogno. Piuttosto, la dobbiamo immaginare come un organo dinamico e complesso, costituito da diversi attori cellulari e molecolari.

Per capire come si forma un ateroma è innanzitutto necessario rispolverare brevemente l’istologia delle pareti arteriose. Le arterie sono formate da tre tuniche muscolari concentriche:

  •     l’intima, con i sui 150-200 micrometri di diametro è lo strato più interno o profondo del vaso. È costituita principalmente da cellule endoteliali, che delimitano il lume del vaso e rappresentano, quindi, l’elemento di contatto tra sangue e parete arteriosa.
  •     la tonaca media, di 150-350 micrometri di diametro è composta da cellule muscolari lisce, elastina (che conferisce elasticità al vaso) e collagene (componente strutturale).
  •     l’avventizia, che rappresenta lo strato più esterno dell’arteria; di 300-500 micrometri di diametro, contiene tessuto fibroso ed è circondata da tessuto connettivale perivascolare e grasso epicardico.

L’endotelio rappresenta il fulcro metabolico della parete vascolare e ne regola la proliferazione cellulare, i fenomeni infiammatori ed i processi trombotici. Il processo aterosclerotico inizia a partire dalle cellule endoteliali, quindi dallo strato più interno del vaso arterioso. La placca si trova, in genere, tra l’intima e la media. Il tessuto endoteliale gioca un ruolo critico nel regolare l’entrata, l’uscita ed il metabolismo delle lipoproteine e di altri agenti che possono partecipare alla formazione di lesioni aterosclerotiche.

 

La patogenesi dell’aterosclerosi: come si forma una placca

Ora che abbiamo definito l’aterosclerosi e l’ateroma (o placca aterosclerotica) e approfondito l’istologia della parete arteriosa, parliamo in modo più specifico della patogenesi dell’aterosclerosi.

La formazione e la crescita dell’ateroma è un processo che si sviluppa nel corso di anni o addirittura decenni, come conseguenza di tre processi:

  1. L’adesione, l’infiltrazione e il deposito di particelle lipoproteiche LDL nell’intima dell’arteria; tale deposito prende il nome di stria lipidica ed è legato principalmente all’eccesso di lipoproteine LDL (ipercolesterolemia) e/o al difetto di lipoproteine HDL. La stria lipidica è la prima lesione visibile dell’aterosclerosi; essa è un accumulo di cellule schiumose cariche di lipidi nello strato intimale dell’arteria.
  2. L’instaurarsi di uno stato infiammatorio scatenato dall’intrappolamento e dall’ossidazione dei lipidi LDL. Il processo infiammatorio porta a danno endoteliale con conseguente espressione di molecole di adesione sulla membrana cellulare e secrezione di sostanze biologicamente attive e chemiotattiche (citochine, fattori di crescita, radicali liberi), che nell’insieme favoriscono il richiamo e la successiva infiltrazione di leucociti (globuli bianchi) e la trasformazione dei monociti in macrofagi. I macrofagi fagocitano le LDL ossidate accumulando lipidi nel loro citoplasma e trasformandosi in cellule schiumose (foam cells), ricche di colesterolo. Fino a questo punto la stria lipidica rappresenta una lesione puramente infiammatoria e come tale può dissolversi. Si è infatti verificato solo l’accumulo di lipidi, liberi o sotto forma di cellule schiumose. Nelle fasi successive, l’accumulo di tessuto fibrotico può portare alla crescita irreversibile dell’ateroma vero e proprio.
  3. La migrazione e la proliferazione di cellule muscolari lisce. Se la risposta infiammatoria non è in grado di neutralizzare efficacemente o di rimuovere gli agenti dannosi, può continuare indefinitivamente e stimolare la migrazione e la proliferazione delle cellule muscolari lisce, che migrano dalla tunica media all’intima producendo matrice extracellulare che funge da impalcatura strutturale della placca aterosclerotica (ateroma). Se queste risposte continuano ulteriormente, possono provocare un ispessimento della parete arteriosa: la lesione fibrolipidica va a sostituire il semplice accumulo lipidico delle fasi iniziali e diventa irreversibile. Il vaso, da parte sua, risponde con un processo detto di rimodellamento compensatorio, cercando di porre rimedio alla stenosi (restringimento indotto dalla placca), dilatandosi gradualmente in modo da mantenere inalterato il lume dei vasi.

La sintesi di citochine infiammatorie da parte delle cellule endoteliali funge da richiamo per cellule immunocompetenti come linfociti T, monociti e plasmacellule, che migrano dal sangue e si moltiplicano all’interno della lesione. A questo punto si ritiene che con l’ingrandirsi della lesione, a causa della carenza di sostanze nutritive e dell’ipossia, le cellule muscolari lisce e i macrofagi possano andare incontro ad apoptosi (morte cellulare), con deposito di calcio sui residui delle cellule morte e sui lipidi extracellulari. Nascono così le lesioni aterosclerotiche complicate.

Il risultato finale è la formazione di una lesione più o meno grande, costituita da un nucleo centrale lipidico (lipid core) avvolto da un cappuccio fibroso connettivale (fibrous cap), infiltrati di cellule immunocompetenti e noduli di calcio. È importante sottolineare come nelle lesioni possa esservi una grande variabilità nell’istologia del tessuto formatosi: alcune lesioni aterosclerotiche appaiono prevalentemente dense e fibrose, altre possono contenere grandi quantità di lipidi e residui necrotici, mentre la maggior parte presenta combinazioni e variazioni di ciascuna di queste caratteristiche. La distribuzione dei lipidi e del tessuto connettivo all’interno delle lesioni ne determina la stabilità, la facilità alla rottura e alla trombosi, con i conseguenti effetti clinici… ma di questo parleremo nel prossimo articolo del blog!