Gli effetti benefici del melograno sul colesterolo LDL… e non solo

Gli effetti benefici del melograno sul colesterolo LDL… e non solo

I benefici del succo di melograno su colesterolo e sistema cardiocircolatorio

Il melagrano è il frutto della salute per eccellenza. Numerosi studi scientifici hanno dimostrato i benefici del suo consumo quotidiano.

Il melograno è ricco di vitamine B, A, C ed E e sali minerali soprattutto manganese, ferro, zinco, fosforo, rame e potassio, nonché di polifenoli, in particolare l’acido ellagico.

Inoltre, il melograno contiene Punicalagina, un flavonoide che migliora il profilo lipidico diminuendo l’ossidazione delle LDL e incrementando l’attività benefica delle HDL. La Punicalagina, inoltre, abbassa la pressione sanguigna sistolica e combatte i radicali liberi, aiutando il sangue a liberarsi in modo più veloce delle tossine che si accumulano al suo interno.

Nel complesso queste effetti contrastano sia l’ispessimento arterioso sia la formazione delle placche aterosclerotiche, diminuendo il rischio cardiovascolare,

L’articolo comparso su Pubmed “Pomegranate juice: a heart-healthy fruit juice” di Basu A. e Penugonda K. ha sottolineato come il succo di melagrana protegga il cuore agendo come anticoagulante e riducendo il rischio di arteriosclerosi.

In uno studio durato 8 settimane, Esmaillzadeh et al. hanno somministrato 40 gr di succo di melagrana a 22 pazienti diabetici e iperlipidemici (con livelli elevati di colesterolo e trigliceridi). Alla fine di tale periodo il livello di colesterolo totale (5,43 %), LDL (9,24 %), il quoziente di colesterolo totale/HDL (7,27 %) e il quoziente LDL/HDL (11,76 %) erano diminuiti.

Seezer et al. hanno riscontrato che il contenuto totale di polifenoli e l’attività antiossidante nei vini di melagrana sono ancora più elevati che nei vini rossi.

In seguito ad uno studio condotto dai ricercatori spagnoli dell’Istituto Catalano di Scienze cardiovascolari e presentato al Congresso della Società Europea di Cardiologia la dottoressa Lina Badimon ha dichiarato che «arricchire una dieta con i polifenoli della melagrana può aiutare a prevenire e ritardare le disfunzioni endoteliali, cioè del tessuto che riveste la superficie interna dei vasi sanguigni. Disfunzioni che sono primi segnali dell’aterosclerosi e di un eventuale ictus».

I risultati di un altro recente esperimento condotto ad Haifa, in Israele, sono stati pubblicati su PubMed: la somministrazione quotidiana di succo di melagrana per 3 anni a pazienti aterosclerotici ha prodotto un miglioramento del flusso sanguigno nella carotide (riducendo quindi il rischio dell’insorgenza di ictus).

Questo e altri studi – tra cui una ricerca effettuata dai ricercatori del Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università La Sapienza di Roma che ha dimostrato l’efficacia di tale frutto per chi soffre di problemi della funzione cardio-circolatoria legati all’aggregazione piastrinica – hanno evidenziato come l’assunzione di succo di melagrana rallenti lo sviluppo di placche arteriose. I polifenoli in esso contenuti, e in particolare l’acido ellagico, funzionano come un vero e proprio anticoagulante naturale e prevengono l’ostruzione dei vasi sanguigni, combattendo anche l’ispessimento delle arterie e lo sviluppo di trombi.

In uno studio condotto in laboratorio è stato osservato come il succo di melagrana sia in grado di ridurre l’estensione delle lesioni aterosclerotiche nei topi affetti da immunodeficienza e l’ispessimento delle pareti mediali nei pazienti cardiopatici: non solo quindi rallenta il fenomeno aterosclerotico, ma contrasta in una certa misura anche i danni causati dalle placche già esistenti.

Questo sensazionale effetto è stato accertato dai ricercatori del Technion lsrael Institute of Technology di New York, guidati dal professor Michael Aviram in uno studio pubblicato sulla rivista Atherosclerosis; un gruppo di soggetti che aveva bevuto 180 ml di succo di melagrana al giorno, dopo tre mesi ha evidenziato una significativa riduzione nella formazione di placche sulle arterie. Avendo dimostrato anche l’effetto antiipertensivo del succo – soprattutto quando l’innalzamento della pressione è dovuto a cause alimentari -, gli studiosi hanno concluso che basterebbe consumare 150 ml di succo per ridurre i livelli di pressione sanguigna del 36% in appena due settimane, grazie all’elevato potere antiossidante dei polifenoli del frutto (Aviram e Dornfeld, 2001; Aviram et al., 2004).

Un altro studio pubblicato su Complementary Therapies in Clinical Practice ha dimostrato come il succo di melagrana sia efficace nel ridurre la pressione sanguigna sistolica, inibendo al tempo stesso l’attività ACE, ossia dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE).

 

Altri benefici del succo di melograno

Il succo di melograno è un potente antinfiammatorio, che potenzia le difese immunitarie e depura l’organismo: infatti, favorisce la digestione, protegge i reni, stimola la diuresi e apporta ferro nel sangue, combattendo l’anemia e i suoi diretti sintomi, quali vertigini e stanchezza. Le vitamine K e C hanno proprietà antiossidanti che aiutano a mantenere la pelle giovane, mentre il potassio, il rame, il ferro e lo zinco prevengono l’invecchiamento cellulare. Inoltre, previene il cancro alla prostata favorisce la fertilità, e la memoria, combatte l’artrite e limita la formazione di placche sui denti.

 

Le bucce di melograno fanno bene alla salute?

La funzione principale delle bucce di melograno è impedire che i chicchi si secchino e cadano a pezzi. Guardandole a primo impatto sembrano proprio da buttare via, ma in realtà anche esse sono ricche di proprietà benefiche. Le bucce sono alleate per contrastare malattie cardiache e igiene dentale. Sono, inoltre, una soluzione efficace contro tosse, mal di gola, diarrea, vermi, ulcere e emorroidi. Per consumarle devono essere lavate accuratamente e conservate in barattoli o sacchetti di carta. Per realizzare un decotto schiacciate le croste asciutte e mettetele in 200 grammi di acqua bollente a bagnomaria per 15 minuti. Dopo aver lasciato riposare il tutto per 40 minuti, filtrate e bevete.

 

Come preparare un buon succo di melograno?

Per preparare un ottimo succo di melograno occorre scegliere un frutto maturo. Rimuovete con il coltello la corona e subito dopo incidete la buccia da una parte all’altra fino alla zona bianca. Fate attenzione a non tagliare anche gli arilli che servono appunto per creare il succo. Aprite il melograno partendo dai tagli che sono stati fatti per dividerlo in due parti. Spremete con attenzione con uno spremi agrumi. A questo punto si può gustare una buonissima, sana e pura spremuta di melograno. Se il succo dovesse risultare amaro, forse il frutto non era ancora ben maturo. Per evitare l’ossidazione, aggiungete un po’ di succo di limone e, se volete, dolcificate il succo di melagrano in modo naturale.

Il ruolo del colesterolo alto nei tessuti nella letalità da COVID19

Il ruolo del colesterolo alto nei tessuti nella letalità da COVID19

Ci siamo preparati con vari articoli del blog di Cholenor a parlare di correlazione tra livelli di colesterolo e infezione da sindrome respiratoria acuta grave Coronavirus-2 (SARS-CoV-2). Abbiamo approfondito il trasporto inverso di colesterolo, l’alterazione della risposta immunitaria causata dall’accumulo di colesterolo LDL e il ruolo dei metaboliti del colesterolo nell’attivazione dell’immunità innata contro le infezioni.

Ma l’infettività di SARS-CoV-2 è anche, almeno in parte, colesterolo dipendente?

Ebbene si! Ora vediamo come.

Sono oggetto di studi intensi i meccanismi molecolari alla base dell’ingresso virale, che potrebbero in parte spiegare i motivi per cui la malattia risulta particolarmente grave negli anziani e in pazienti con condizioni croniche sottostanti, quali ipertensione, diabete, malattie cardiovascolari, alta esposizione a fumo di sigaretta.

SARS-CoV-2 entra nella cellula legandosi a recettore dell’enzima di conversione dell’angiotensinogeno 2 (ACE2). Alcuni studi mostrano che il caricamento delle cellule con il colesterolo utilizzando la proteina di trasporto del colesterolo apolipoproteina E (apoE) favorisce l’ingresso endocitico di SARS-CoV-2 pseudotipizzato.

Imaging ad alta risoluzione del punto di ingresso di SARS-CoV-2 con colesterolo alto mostrano un aumento del diametro virale di circa il 10% (fino a 100 nm) e il raddoppio del numero totale di punti di ingresso virali.

Il colesterolo, quindi, circolando in concomitanza di ACE2 fino ai siti a cui SARS-CoV-2 si aggancia per entrare nella cellula, ne aumenta e rafforza il legame alla superficie cellulare.

Diminuire il colesterolo cellulare ha l’effetto opposto. Sulla base di questi risultati e del carico noto di colesterolo nel tessuto periferico durante invecchiamento e infiammazione, sono stati costruiti modelli di letalità del COVID19 negli anziani e nelle persone con malattie croniche colesterolo-dipendenti. Poiché il colesterolo aumenta con età e stati infiammatori (ad esempio in concomitanza di fumo e diabete), SARS-CoV-2  trova una superficie cellulare favorevole e ottimale al suo ingresso.

SARS-CoV-2 ha almeno tre meccanismi colesterolo-dipendenti che contribuiscono e ne modulano l’infettività:

  • La dimensione e il numero di siti di ingresso nella cellula
  • La capacità di attacco del recettore dipendente dall’esposizione lipidica della superficie cellulare
  • Le proteasi che si attivano per l’inserimento di SARS-CoV-2 nella membrana cellulare attraverso meccanismi di traslocazione proteica (diffusione laterale in zattere lipidiche).

Il modello suggerisce che i livelli elevati di colesterolo da tenere in considerazione sono quelli nei tessuti, non nel sangue.

La maggior parte delle diagnosi cliniche di colesterolo sono fatte analizzando campioni di sangue; tuttavia i livello ematici non sono necessariamente indicativi di quelli nei tessuti. Questa differenza è particolarmente vera nell’infiammazione cronica in cui il colesterolo nel sangue è basso a causa dell’inibizione di proteine di efflusso di colesterolo nel tessuto periferico, dove, invece, i livelli di colesterolo rimangono alti. In pazienti COVID19 molto gravi sono stati trovati livelli alti colesterolo nei monociti, il che è del tutto coerente con la presenza di un carico di colesterolo alto nei tessuti durante l’infiammazione cronica.

Legame tra metabolismo del colesterolo, risposta infiammatoria e immunità innata

Legame tra metabolismo del colesterolo, risposta infiammatoria e immunità innata

Sappiamo quanto siano di attualità, alle soglie dell’inverno ma soprattutto in tempi di Coronavirus, i discorsi che riguardano le infezioni virali e i sistemi messi in atto dal nostro sistema immunitario per combatterle.

Ma qual è il ruolo del colesterolo in tutto questo?

Uno studio pubblicato su Immunity dal team di Wang Hongyan del Shanghai Institute in collaborazione con il Prof. Wei Bin dell’Università di Shanghai ha mostrato il ruolo dei metaboliti del colesterolo nell’attivazione dell’immunità innata contro le infezioni. In caso di infezione virale, i macrofagi mostrano una ridotta sintesi del colesterolo accompagnata da una maggiore espressione dei geni antivirali, incluso l’interferone di tipo I (IFN-I), che può indurre l’accumulo di 25-idrossicolesterolo (25-HC) che blocca l’ingresso virale.
Al fine di trovare gli enzimi o i corrispondenti metaboliti del colesterolo naturale coinvolti nell’infezione antivirale, i ricercatori hanno esaminato geni espressi in modo differenziato nel tessuto epatico da pazienti infetti dal virus dell’epatite B e da topi infettati dal virus della stomatite vescicolare (VSV).
DHCR7 (7-dehydrocholesterol reductase) è un enzima che converte 7-dehydrocholesterol (7-DHC) in colesterolo. I pazienti portatori di mutazioni DHCR7 hanno ritardo mentale. Tuttavia, il ruolo di DHCR7 nell’immunità innata non è chiaro. Questo studio mostra che il knock-out del gene DHCR7  o il trattamento con un suo inibitore possono promuovere l’attivazione dell’IRF3 e la produzione di interferone di tipo I (IFNβ), per eliminare alcuni virus in vitro o in vivo.
In conclusione, questo studio rivela che entrambi gli inibitori del metabolita del colesterolo intermedio 7-DHC e dell’enzima DHCR7 promuovono la produzione di IFN-I e una risposta antivirale attivando AKT3 e IRF3.
Non è ancora del tutto chiaro se altri prodotti metabolici o enzimi associati al colesterolo regolino l’immunità innata. Tuttavia, questi risultati sono promettenti soprattutto per la possibilità di identificare nuovi target farmaceutici utili allo sviluppo di farmaci per il trattamento delle infezioni virali.

Anche se sembra esserci un ruolo buono dei metaboliti del colesterolo in tutto questo, una situazione di accumulo in eccesso di colesterolo nelle cellule e tra queste anche in quelle del sistema immunitario, in particolare linfociti e cellule dendritiche, ha al contrario un’azione negativa di alterazione della funzionalità di queste ultime con il conseguente innesco di una risposta infiammatoria anomala.
È quello che accade in molte malattie come quelle cardiovascolari, dove l’alterazione della risposta immunitaria causata dall’accumulo di colesterolo LDL sembra svolgere un ruolo determinante.

Per contrastare questo processo, l’organismo ha messo in campo dei meccanismi di protezione per rimuovere l’accumulo di colesterolo e facilitarne l’eliminazione. Parlando di trasporto inverso del colesterolo abbiamo già visto il ruolo delle apolipoproteine espresse sulla superficie delle HDL. Tra le varie proteine apolipoproteina fondamentali per controllare la quantità di colesterolo che si accumula nelle cellule, l’apolipoproteina E (ApoE) regola il livello di colesterolo nelle cellule dendritiche. La mancanza o un’alterazione della sua funzionalità di ApoE si traducono in un’iperreattività delle cellule dendritiche e, di conseguenza, della risposta infiammatoria e immunitaria mediata dai linfociti, che accompagnano le malattie cardiovascolari.
I risultati provenienti da queste ricerche confermano che individuare i meccanismi che controllano la mobilizzazione del colesterolo a livello delle cellule immunitarie rappresenta un promettente bersaglio terapeutico per controllare l’eccessiva risposta immunitaria.

Per ripassare un pò i meccanismi del trasporto inverso del colesterolo vi rimandiamo all’articolo del blog di Cholenor

 

Il legame tra colesterolo alto e i tumori a prostata, mammella e colon

Il legame tra colesterolo alto e i tumori a prostata, mammella e colon

Nel precedente articolo del blog di Cholenor abbiamo evidenziato il ruolo protettivo del colesterolo HDL verso alcune forse di tumore del sangue:

In questo articolo parleremo degli effetti negativi del colesterolo LDL.  Numerosi studi hanno correlato la presenza di colesterolo in eccesso, in particolare delle LDL, con un maggiore rischio di crescita tumorale. Il colesterolo rappresenta il principale costituente delle membrane cellulari epiteliali, non solo nei tessuti fisiologici (pelle, cellule nervose, mammella), ma anche in quelli patologici costituenti le lesioni tumorali.

Quali gli organi più a rischio? Prostata, mammella e colon.

 

Colesterolo e cancro prostatico

Livelli eccessivi di colesterolo possono stimolare una crescita cllulareincontrollata. È stato, infatti, dimostrato che le cellule tumorali della prostata contengono livelli di colesterolo superiori a quelli presenti nelle cellule normali. Questo accade perché le cellule tumorali hanno sviluppato un meccanismo del tutto personale per superare i processi di controllo e regolazione dei livelli di colesterolo.

Iniettando cellule di cancro alla prostata di origine umana in alcuni topi da laboratorio le ricerche hanno reso noto come il colesterolo si accumuli in abbondanza nelle membrane esterne alle cellule tumorali in topi con diete ad alto contenuto di colesterolo.

A 6 settimane dall’iniezione si osserva come i topi con alti livelli di colesterolo sviluppavano il tumore alla prostata con una probabilità due volte maggiore rispetto ai topi ai quali non era stato imposto alcun cambiamento alla dieta.

La rivista Prostate ha pubblicato uno studio internazionale che ha preso in considerazione 36 mila uomini di età compresa tra 40 e 99 anni. Circa 9 mila di questi con colesterolo alto. I ricercatori hanno osservato che i maschi con la tendenza a sviluppare alti livelli di colesterolo, complice la dieta grassa, presentavano un 25% di possibilità in più di sviluppare l’iperplasia prostatica benigna.

Uno studio retrospettivo tedesco pubblicato su Oncotarget, conferma che il colesterolo alto svolgerebbe un’azione maligna sulla prostata, favorendo l’insorgenza del tumore.

Colesterolo e cancro alla mammella

Un lavoro pubblicato nel 2014 su Nature Cell Biology da un gruppo di ricercatori di oncologia clinica molecolare di Trieste ha dimostrato che la via metabolica che produce colesterolo si intreccia con YAP/TAZ, due fattori chiave della trasformazione tumorale, ossia della propensione dei tumori alla mammella a dare metastasi e a resistere alla chemioterapia. Nello stesso studio veniva sottolineato che ad accelerare i processi di trasformazione e progressione maligna della cellula è la proteina p53 mutata. p53, anche conosciuta come proteina tumorale 53, è un fattore di trascrizione che regola il ciclo cellulare e ricopre la funzione di soppressore tumorale. La sua funzione è particolarmente importante negli organismi pluricellulari per sopprimere i tumori nascenti. La versione mutata della proteina p53 è stata trovata in moltissime forme tumorali, agendo da potenziatore della proliferazione.

 

Qual è la correlazione tra colesterolo e la proteina p53?

Un numero crescente di studi mostra che lo sviluppo, la proliferazione, la metastatizzazione di un tumore è, anche, una questione di meccanica, e di fisica. La relazione tra la particolare consistenza delle masse tumorali e la malignità garantita da p53 è molto chiara: p53 mutata ha bisogno di un certo assetto del tessuto quali rigidità e durezza del tessuto e tra i fattori che cooperano a tale assetto tissutale svolge inequivocabilmente un ruolo preponderante la catena metabolica del colesterolo. La possibilità di interferire su questo equilibrio può, pertanto, concretizzarsi agendo a monte sui livelli di colesterolo.

 

Nelle neoplasie le cellule in crescita e/o replicazione, stimolate dall’attività del fattore di crescita epidermico (EGFR), sono estremamente avide di zuccheri semplici e di acidi grassi, al fine di produrre energia a livello cellulare in diverse condizioni fisiopatologiche.

Uno studio del 2015 di Haskins J. W. et al. ha evidenziato che l’attivazione mediata dalla neuregulina1 (NRG1), stimolando alcuni recettori per l’EGFR, migliora l’espressione del recettore necessario per assorbire le LDL e stimola i geni coinvolti nella biosintesi del colesterolo anche nell’epitelio mammario in coltura cellulare, determinando quindi un effetto pro-attivo sulla crescita tumorale.

 

E cosa dire del cancro al colon?

Un regime alimentare ricco di colesterolo aumenta anche il rischio di ammalarsi di cancro al colon. A riferirlo è uno studio pubblicato su Cell Stem Cell e realizzato dai ricercatori della Scuola di Medicina David Geffen della UCLA, che mostra che un aumento del colesterolo nei roditori corrispondeva ad una divisione più rapida delle cellule staminali dell’intestino. Più aumentavano i livelli di colesterolo degli animali, più rapidi erano la divisione delle cellule e l’allungamento del loro intestino. Questi cambiamenti acceleravano significativamente il tasso di formazione del tumore del colon.

 

Questi studi confermano l’importanza di tenere sotto controllo i livelli del colesterolo, non solo per prevenire il rischio di malattie cardiovascolari e lo sviluppo di sindrome metabolica, ma anche per prevenire vari tipi di neoplasia.

Il colesterolo buono alleato contro i tumori

Il colesterolo buono alleato contro i tumori

In genere associamo il colesterolo alle malattie cardiovascolari. A sorpresa, alcuni studi chiariscono come il colesterolo “buono” HDL ha un ruolo non solo come fattore protettivo dall’infarto ma è anche per colpire alcuni tipi di tumori refrattari alle terapie, in particolare tumori ematologici e solidi, quali mieloma multiplo, osteosarcoma, carcinoma polmonare.

Negli ultimi anni è diventato sempre più chiaro che i tumori devono essere combattuti sfruttando non solo la chemioterapia tradizionale, ma anche anche le potenzialità del sistema immunitario. Il sistema immunitario si è finemente evoluto per proteggere la specie umana dall’aggressione di microbi, virus o altri patogeni, ma allo stesso tempo anche come sistema di controllo interno che garantisce il funzionamento dell’organismo proteggendolo attraverso un’azione definita di immunosorveglianza.

La molecola ABCA1, nota solo per il suo ruolo nel metabolismo del colesterolo, svolge un ruolo importante nel regolare l’attivazione dei linfociti gammadelta. Questa scoperta ha aperto nuove prospettive nello sviluppo dei protocolli di immunoterapia con i linfociti gammadelta nei tumori del sangue e mette in evidenza l’esistenza di rapporti molto stretti tra immunità e metabolismo del colesterolo.

Vediamo come!

 

I meccanismi di attivazione dei linfociti T Vγ9Vδ2 nel microambiente tumorale

Parlando di trasporto inverso del colesterolo (https://www.cholenor.com/il-trasporto-inverso-del-colesterolo/) abbiamo spiegato i precursori delle HDL, che espongono sulla loro superficie apoproteine (principalmente ApoA-I), che legano la proteina ABCA1, uno specifico canale posto sulla membrana cellulare, attraverso cui il colesterolo in eccesso viene fatto fuoriuscire dalla cellula. La coppia ApoA-I/ABCA1 non fa uscire solo il colesterolo. Tra i lipidi trasportati, l’IPP (isopentenil pirofosfato) è particolarmente interessante perché in grado di attivare specifici linfociti T (i linfociti T Vγ9Vδ2) con spiccate attitudini anti-batteriche e anti-tumorali.

Lo dimostra il lavoro pubblicato nel 2017 su Nature Communications, condotto presso il Laboratorio di Immunologia dei Tumori del Sangue del Prof. Massimo Massaia e il Laboratorio di Biochimica Cellulare della Prof.ssa Chiara Riganti dell’Università degli Studi di Torino, con il contributo determinante delle Dr.ssa Barbara Castella e della Dr.ssa Joanna Kopecka.

Sfruttando lo stesso meccanismo basato sull’interazione di Apo-AI e ABCA1, altre cellule del sistema immunitario (nello specifico macrofagi e cellule dendritiche) possono rimuovere il colesterolo in eccesso dai tessuti, prevenendo la formazione di placche aterosclerotiche. Ma la cosa interessante è che, se infiltranti un tessuto tumorale, queste cellule possono far arrivare l’IPP prodotto al loro interno al recettore dei linfociti T Vγ9Vδ2, stimolando la loro attivazione contro le cellule tumorali.

Alcuni tumori sono ricchi e altri sono poveri di ABCA1. I primi sono grossi esportatori di colesterolo e di IPP, e sono ben riconosciuti dai linfociti T Vγ9Vδ2 così il sistema immunitario li elimina facilmente, mentre i tumori poveri di ABCA1 esportano poco colesterolo e poco IPP, e non sono in grado di attivare i linfociti T Vγ9Vδ2, pertanto possono eludere la sorveglianza immunitaria e progredire.

L’obiettivo successivo, quindi, è stato quello di tentare di innalzare i livelli di ABCA1 in questi tipi di tumori.

Poiché l’attivazione di ABCA1 dipende dai livelli intracellulari di IPP, prodotto nella via di sintesi del colesterolo, per aumentare i livelli intracellulari di IPP, favorendo quindi l’attivazione di ABCA1, possono essere usati farmaci della famiglia degli aminobisfosfonati, già impiegati per il trattamento dell’osteoporosi e delle metastasi ossee. Ma gli aminobisfosfonati sono captati avidamente dal tessuto osseo e la quantità di farmaco che arriva nel tessuto tumorale è minima. Per aggirare questo problema, in collaborazione con il Prof. Giuseppe De Rosa dell’Università Federico II di Napoli, sono state sintetizzate nanoparticelle lipidiche cariche di aminobisfosfonati, caratterizzate da una capacità di accumularsi molto più spiccata nel tessuto tumorale che nel tessuto scheletrico. Ma funzionano davvero questi “magic bullets”?

Modelli preclinici di osteosarcomi privi di ABCA1, molto aggressivi e molto refrattari al riconoscimento del sistema immunitario. Mostrano che questi “magic bullets“ aumentano significaticamente i livelli di IPP e di ABCA1 nelle cellule tumorali, favorendo l’efflusso di IPP e l’azione anti-tumorale dei linfociti T Vγ9Vδ2, con conseguente rallentamento della crescita tumorale.

Tumori che sfuggivano al riconoscimento da parte del sistema immunitario sono stato, pertanto, trasformati in tumori ben riconoscibili e più facilmente controllabili!

L’autunno amico del colesterolo

L’autunno amico del colesterolo

Oltre a contrastare stanchezza e stress e aumentare le difese immunitarie, alcuni cibi autunnali hanno proprietà specifiche in grado di controllare i livelli di colesterolo cattivo.

Vediamo quali!

 

Broccoli

Particolarmente riccchi di vitamina C, i broccoli contengono anche luteina, un carotenoide benefico per gli nostri occhi. Sono anche una fonte eccellente di vitamine K, C, e A, di acido folico e fibre, oltre ad avere un alto contenuto di fosforo, potassio, magnesio e le vitamine B6 e vitamina E. Alcuni studi hanno evidenziato come i broccoli siano particolarmente efficaci nella prevenzione del cancro al seno, grazie al sulforafano, in grado di uccidere le staminali e di prevenire la crescita di nuove neoplasie.

 

Cachi

Definiti anche “mela d’Oriente”, hanno proprietà lassative, diuretiche, energizzanti e inoltre sono ricchi di vitamine, betacarotene e sali minerali come il potassio, il fosforo e il magnesio. Perfetti per proteggere e depurare il fegato, è considerato un frutto ideale per i bambini, gli sportivi e gli astenici poiché ha ottime capacità energizzanti, grazie agli zuccheri che contengono.

 

Cavolfiore

Rinforza  la produzione di emoglobina con effetti positivi per l’anemia, possiede un’azione rimineralizzante e  depurativa, ha un basso contenuto calorico ed è dunque ideale per chi osserva un regime alimentare ipocalorico: recenti studi hanno dimostrato i suoi poteri antinfiammatori, preziosi per rafforzare le difese immunitarie, oltre alle proprietà antiossidanti e antibatteriche. Il cavolfiore è indicato in caso di diabete in quanto contribuisce al controllo della glicemia.

 

Funghi

Ottimi per la diuresi, deliziosi e dal gusto intenso, i funghi sono ideali anche per rimanere a dieta, visto che hanno un contenuto di grassi e zuccheri veramente molto ridotto, mentre vantano un ricco contenuto di acqua. I funghi favoriscono la diuresi, sono un’ottima fonte di minerali, in particolare fosforo, potassio, selenio e magnesio e contengono anche lisina e triptofano, vitamine del gruppo B e alcune sostanze antiossidanti.

 

Frutta a guscio

Mangiare noci come parte di una dieta sana può fare bene al cuore. Le noci contengono acidi grassi insaturi e altri nutrienti. E sono un ottimo snack: poco costoso, facile da conservare e facile da mettere in valigia quando sei in viaggio. La ricerca ha scoperto che le persone a rischio di infarto possono ridurre il rischio mangiando una dieta sana che includa le noci. Mangiare noci può: abbassare i livelli di colesterolo e trigliceridi delle lipoproteine ​​a bassa densità (LDL o “cattive”), che svolgono un ruolo importante nell’accumulo di depositi chiamati placche nelle arterie. Inoltre migliora la salute del rivestimento delle arterie, ridurre il rischio di sviluppare coaguli di sangue, che possono portare a un infarto.

 

Lenticchie

Le lenticchie sono un legume molto antico, da sempre considerato la carne dei poveri per l’alto contenuto di proteine e ferro rispetto ad altri alimenti di origine vegetale. Grazie all’importante apporto di fibre, sono un valido alleato nelle diete perché aumentano il senso di sazietà e facilitano il transito intestinale; contengono anche molti minerali e per questo le lenticchie sono ideali in caso di affaticamento, denutrizione e anemia. Le lenticchie hanno un importante contenuto di isoflavoni, potenti antiossidanti utili contro i radicali liberi; contengono Tiamina (vitamina B1), che favorisce la memoria e la concentrazione, e la vitamina B3, che aiuta l’organismo a gestire in modo ottimale l’energia e a ridurre i trigliceridi nel sangue.

 

Carciofi

I carciofi possono diventare un ottimo secondo. Le sue foglie nella  tradizione sono state utilizzate per curare disturbi come ittero, reflusso acido e vari disturbi del fegato. Studi di ricerca stanno dimostrando che il carciofo può avere un altro beneficio: abbassare il colesterolo. Il modo in cui i carciofi abbassano il colesterolo non è del tutto chiaro. Si pensa che i carciofi possano interagire indirettamente con la stessa proteina con cui interagiscono le statine per abbassare il colesterolo.

 

Zucca

Regina dell’autunno, la zucca è davvero una miniera di virtù. Oltre che essere deliziosa e versatile, perfetta com’è per essere gustata in infinite preparazioni (zuppe e minestre, risotti, contorni, torte e doli e perfino nel pane) è anche una preziosa amica della linea. Ricca di acqua e di fibre, la zucca vanta proprietà diuretiche e lassative che la rendono perfetta nel regolare le funzioni intestinali, ridurre il gonfiore addominale e la ritenzione idrica. Inoltre, grazie al basso contenuto glicemico e lipidico, questo ortaggio è ideale per contrastare diabete e ipertensione. La zucca è anche ottima per dimenticare la tristezza: grazie al magnesio, regala rilassamento ai muscoli e riduce le tensioni nervose, donando benefici effetti al fisico e all’umore.

 

Uva

L’uva contiene un particolare composto benefico che prede il nome di pterostilbene che, in concomitanza con la presenza di fibre alimentari, aiuta a ridurre notevolmente i livelli di colesterolo cattivo, LDL, nel sangue, a favore del colesterolo buono, HDL. Dunque, questo costituente dell’uva risulta essere molto utile per prevenire la formazione delle pericolose placche aterosclerotiche. La conseguenza è che sarà minore il rischio di riscontrate delle patologie, anche gravi in alcuni casi, a carico del sistema cardiocircolatorio.

Il trasporto inverso del colesterolo

Il trasporto inverso del colesterolo

Oggi facciamo un po’ di biologia molecolare più approfondita e parliamo di trasporto inverso del colesterolo (RCT: reverse cholesterol transport).

Questo articolo ci sarà utile per approfondire nei successivi articoli del blog di Cholenor aspetti fondamentali e di grande attualità come il collegamento tra colesterolo alto e tumori e tra colesterolo alto e infezioni virali come quella da SARS-CoV-2.

Ma facciamo uno step alla volta e iniziamo la nostra lezione!

Come tutte le cellule non intestinali od epatiche, le cellule periferiche non sono in grado di degradare il colesterolo in eccesso. Il trasporto inverso del colesterolo è il meccanismo fondamentale per mantenere l’omeostasi del colesterolo, finalizzato al recupero epatico del colesterolo periferico attraverso la sua incorporazione nelle lipoproteine HDL ed il successivo trasporto al fegato per l’escrezione biliare.

 

Perché il trasporto inverso del colesterolo è importante?

Quando il colesterolo si accumula in eccesso all’interno delle cellule diviene citotossico.

 

Quali sono le tappe che caratterizzano il trasporto inverso del colesterolo?

La biosintesi delle lipoproteine HDL passa attraverso la sintesi e la secrezione iniziale delle principali componenti proteiche (apoproteine), cui segue l’acquisizione extracellulare di lipidi (fosfolipidi e colesterolo) che porta all’assemblaggio ed alla generazione di particelle mature HDL.

La prima tappa del trasporto inverso del colesterolo consiste nella produzione, da parte dell’intestino e del fegato, di precursori discoidali delle HDL, che espongono sulla loro superficie apoproteine (principalmente ApoA-I).

Vengono così rilasciate molecole precorritrici delle HDL chiamate pre-B-HDL, che incorporano quantità piccolissime di colesterolo e lipidi, soprattutto fosfolipidi attraverso l’intervento di un trasportatore di membrana chiamato ATP-binding cassette A1 (ABCA1).

Questo trasportatore è localizzato sulla superficie cellulare e nelle membrane del Golgi, e può trasportare i lipidi dall’apparato di Golgi alla membrana cellulare, facilitandone poi l’efflusso.

A questo punto, non appena il colesterolo libero entra nelle HDL native, interviene un enzima plasmatico di origine epatica, chiamato plasma lecitin-colesterolo aciltrasferasi (LCAT), che converte il colesterolo libero incorporato nelle pre-B-HDL in esteri del colesterolo, trasformando, quindi, le molecole di pre-B-HDL nella loro forma “matura” α-HDL matura. Il processo di esterificazione mediato da LCAT è fondamentale per impedire la re-diffusione del colesterolo dalle HDL alla membrana plasmatica e permettere alle HDL di continuare ad acquisire apoproteine dalle particelle lipoproteiche ricche in trigliceridi e fondersi tra loro.

Nell’intero processo, l’apolipoproteina AI svolge un ruolo chiave, stimolando sia l’attività del trasportatore ABCA1 che quella della LCAT. Poiché l’ApoAI è l’apolipoproteina maggiormente rappresentata nelle HDL, la sua concentrazione plasmatica risulta direttamente correlata ai livelli di colesterolo HDL.

Queste lipoproteine vengono trasportate, quindi, al fegato, dove rilasciano il colesterolo, secondo due vie distinte.

Il trasporto inverso del colesterolo

Prima via epatica

In un primo caso, le HDL ricche in colesterolo esterificato cedono questo lipide alle lipoproteine ricche in trigliceridi (lipoproteine a bassissima e a bassa densità), poi intercettate dal fegato mediante specifici recettori (LDL-R) e rimosse dalla circolazione.

Lo scopo è quello di veicolare il colesterolo periferico al fegato tramite il sistema dell’LDL recettore, quindi “scaricare” a livello periferico le HDL dall’eccesso di colesterolo, in modo da renderle nuovamente disponibili ad accoglierlo dai tessuti. Svuotandosi di colesterolo, le HDL accettano in cambio trigliceridi e ciò avviene grazie alla proteina di trasferimento degli esteri del colesterolo (CETP).

 

Seconda via epatica

La seconda via coinvolge recettori epatici SR-B1 per le HDL ricche in colesterolo esterificato, in assenza di concomitante degradazione della porzione proteica delle HDL, che viene quindi riciclata. In pratica, quest’enzima consente di svuotare le HDL dal loro contenuto e rigenerare nuove pre-B-HDL.

Parte delle HDL e delle ApoA-I viene anche internalizzata e degradata a livello lisosomiale, sia nelle cellule epatiche che in quelle renali.

Tenere sotto controllo il colesterolo alto in gravidanza: alimentazione sana e moderata attività fisica

Tenere sotto controllo il colesterolo alto in gravidanza: alimentazione sana e moderata attività fisica

Se, come abbiamo detto nel precedente articolo del blog di Cholenor, il colesterolo diventa complice della gravidanza è altrettanto vero che è necessario tenerlo sotto controllo. A questo scopo, è importante ricordare che durante la gravidanza l’assunzione delle statine viene sconsigliata a causa dei suoi effetti collaterali, quali mialgia e spossatezza.

In linea generale, vengono sollecitate una sana alimentazione e l’adozione di una dieta che non preveda un eccessivo consumo di grassi saturi di origine animale e, in generale, i cibi grassi (salumi, fritti ecc.). Ben vengano, invece, alimenti che regolino il metabolismo dei grassi come frutta, legumi e cereali, senza omettere il consumo di carne bianca e pesce (soprattutto quello ricco di Omega 3). Anche una moderata attività fisica può essere utile alla causa, senza eccedere. Infine, è fondamentale cercare di tenere sotto controllo il peso corporeo; l’incremento ponderale non dovrebbe superare i 10/12 chili.

 

Ecco di seguito schematizzati i 5 più importanti consigli pratici da seguire per prevenire il colesterolo alto durante la gravidanza.

 

Mangiare fibre

Le fibre presenti in molti frutti, cereali integrali e verdure sono essenziali in una dieta equilibrata. Inoltre, sia le fibre solubili che quelle insolubili hanno dimostrato di abbassare i livelli di colesterolo nelle pazienti incinte e non gravide.

 

Restare idratati

Bere abbastanza acqua, perché la disidratazione può portare ad un aumento delle lipoproteine a bassa densità. Inoltre evitare lo zucchero raffinato e la caffeina può aiutare a ridurre i livelli di trigliceridi durante la gravidanza, che a sua volta abbassa i livelli di colesterolo.

 

Controllare l’assunzione di grassi

È bene consultare il proprio medico per ridurre l’assunzione di grassi, poiché potrà consigliare la quantità minima di consumo di grassi necessaria al giorno per lo sviluppo neurologico del feto. È sempre preferibile inoltre consumare fonti sane di grassi come noci, olio d’oliva, pesce, olio di semi di lino e così via.

 

Fare regolarmente esercizio

Le donne attive, specialmente durante il primo trimestre, hanno livelli di colesterolo inferiori rispetto a quelle con uno stile di vita sedentario. Attività fisiche utili sono esercizi cardio a basso impatto come tapis roulant e cyclette, ma anche attività quotidiane come camminare, salire le scale, fare giardinaggio e così via possono aiutare a ridurre le lipoproteine a bassa densità aumentando il colesterolo lipoproteico ad alta densità.

 

Evitare tabacco e alcol

In gravidanza per una moltitudine di ragioni che non includono solo il controllo del colesterolo, è importare evitare tabacco e alcol. In particolare quest’ultimo può peggiorare le complicazioni causate da livelli elevati di colesterolo.

Colesterolo alto e gravidanza

Colesterolo alto e gravidanza

Il colesterolo in gravidanza è fisiologicamente più alto del normale.

Durante la gravidanza e durante l’allattamento i livelli di colesterolo aumentano naturalmente, perché il corpo produce più colesterolo come parte dei numerosi cambiamenti ormonali in atto e della superiore quantità richiesta ai fini della formazione delle cellule fetali e del corretto sviluppo del nascituro. Il colesterolo, infatti, regola la sintesi degli ormoni steroidei, necessari per portare a termine la gravidanza, ed è richiesto nello sviluppo cellulare, degli organi, degli arti e del cervello del feto.

I livelli normali di colesterolo sono generalmente compresi tra 120 e 190 milligrammi per decilitro.

Durante la gestazione e nel puerperio sono considerati nella norma valori di colesterolo compresi tra 200 e 337 mg/dL.

I valori di colesterolo in gravidanza iniziano ad incrementare a partire dal quarto mese e raggiungono il picco massimo nell’ottavo mese.

Se il colesterolo in gravidanza risulta troppo alto e si mantiene tale, però, non è da sottovalutare. Questa condizione può predisporre a complicanze, come l’ipercolesterolemia gravidica dovuta alla combinazione tra l’aumento degli estrogeni e la resistenza insulinica.

 

Rischi del colesterolo alto in gravidanza

Oltre i 240 milligrammi per decilitro di solito il medico decide di solito di eseguire ulteriori test. Disturbi genetici come l’ipercolesterolemia familiare, causata da un difetto sul cromosoma 19, impedisce al corpo di rimuovere il colesterolo lipoproteico a bassa densità dal sangue. Questo rende i livelli base di colesterolo molto più alti del normale, portando a pericolose complicazioni durante la gravidanza.

Un primo rischio associato al colesterolo alto durante la gravidanza include lo sviluppo di ipertensione indotta dalla gravidanza: l’aumento della pressione sanguigna può verificarsi sia nella mamma sia nel bambino. L’ipertensione può aumentare la probabilità di altre complicazioni come ictus postpartum, infarto miocardico, aterosclerosi, preeclampsia, convulsioni, parto prematuro, ecc.

In questi casi il medico predisporrà tutti i test per il controllo dei livelli di colesterolo in mamma e bambino anche dopo la nascita. I bambini nati da madri che avevano alti livelli di colesterolo in gravidanza hanno una probabilità 5 volte maggiore di sviluppare condizioni correlate al colesterolo da adulti.

Nelle puerpere i livelli di colesterolo ritornano nella norma dopo 4-6 settimane dalla nascita del bambino. Si è osservato che i tempi si riducono in maniera rilevante per le donne che allattano al seno.

Correlazione tra ipercolesterolemia e diabete

Correlazione tra ipercolesterolemia e diabete

Quali sono gli effetti della glicemia sul colesterolo?

Esiste una relazione tra ipercolesterolemia e diabete. La presenza di entrambe le patologie può portare a danni molto seri, che porta a un aumento del rischio di patologie cardiovascolari.

I ricercatori non hanno ancora compreso esattamente come a livello cellulare il diabete modifichi i livelli di colesterolo, ma è noto che alti livelli di insulina tendono a influenzare negativamente il numero di particelle di colesterolo nel sangue.

Il diabete, se non curato nel modo corretto, porta al danneggiamento delle pareti vascolari, che a causa dell’elevato tasso glicemico, genera una perdita di elasticità delle pareti vasali, fino al pericolo di calcificazione delle arterie.

I meccanismi di base che regolano il rapporto tra ipercolesterolemia e diabete non sono ancora del tutto chiari. Si ritiene, però, che la resistenza all’insulina, l’ormone che regola i livelli di zucchero nel sangue, abbia un ruolo chiave.

Ecco quello che sappiamo:

  • C’è un influenza da parte della glicemia sull’accumulo di colesterolo LDL, il colesterolo cattivo, nel sangue. Inoltre, nel caso del diabete di tipo 2, non insulina dipendente, tendono a generarsi LDL più piccole e dense, che restano più a lungo nel sangue e penetrano più facilmente nelle pareti delle arterie, ossidandosi con più facilità. Questo si riflette in un processo arteriosclerotico più rapido.
  • Non solo glicemia e LDL possono essere correlati, ma il diabete è associato anche a bassi livelli di HDL, il colesterolo buono. Nei soggetti diabetici è stata osservata una riduzione della capacità delle HDL di proteggere le LDL dall’ossidazione. Questo processo favorisce un aumento della formazione di placche e, quindi, il restringimento dei vasi e accelerazione del processo di aterosclerosi.
  • Elevati livelli di insulina portano anche a un aumento dei trigliceridi, che comporta una diminuzione delle HDL, perché l’aumentata produzione di trigliceridi implica una maggiore eliminazione di HDL.
  • Viceversa, livelli alti di colesterolo possono essere predittivi di diabete. Infatti, livelli elevati di colesterolo si osservano spesso nelle persone con insulino-resistenza, anche prima che abbiano sviluppato a tutti gli effetti il diabete. Quando i livelli di LDL iniziano a salire, pertanto, si raccomanda di prestare molta attenzione al controllo della glicemia, di controllare la dieta ed iniziare a fare esercizio fisico così da aiutare a prevenire il diabete e le malattie cardiovascolari.

I valori di glicemia, colesterolo e trigliceridi sono importanti per determinare i rischi di sindrome metabolica e malattie cardiovascolari. Quello che bisogna fare è non sottovalutare la correlazione tra ipercolesterolemia e diabete e tenere sempre d’occhio i valori di riferimento.

Di seguito i valori raccomandati:

  • glicemia: Uomo/donna: 65-110 mg/decilitro

Colesterolo:

  • Totale: 20-200 mg/decilitro
  • Hdl: 40-80 mg/decilitro
  • Ldl: <130 mg/decilitro